Una PMI o startup innovativa si può trovare nella peculiare situazione di dover reperire risorse per soddisfare il suo bisogno di crescita. Fino a qui la peculiarità non sembra manifestarsi, è una posizione molto comune.
Tuttavia, potrebbero non volersi realizzare le seguenti fattispecie:
- rivolgersi agli istituti di credito con un finanziamento a titolo di capitale di debito, per esempio a causa dell’eccessiva onerosità
- cedere immediatamente il controllo, lasciando l’iniziativa ai promotori e quindi mantenendolo nella fase di raccolta del capitale e successiva realizzazione dell’investimento. Si potrebbe a tal fine differire ad un successivo momento l’entrata nella compagina sociale della controparte finanziatrice (il fondo di investimento di venture capital o private equity, una controparte imprenditoriale, ….).
Gli strumenti finanziari partecipativi e nel caso in specie gli strumenti finanziari partecipativi di tipo “convertendo” (in breve SFPC) possono fare al nostro caso essendo estremamente duttili e personalizzabili in base agli accordi che la società finanziata e i sottoscrittori intendono raggiungere.
Cosa sono gli strumenti finanziari partecipativi “convertendi”

Gli strumenti finanziari partecipativi convertendi sono una particolare tipologia di strumenti finanziari partecipativi che combinano caratteristiche di strumenti considerati di debito come i prestiti bancari erogati tradizionalmente dagli istituti di credito e gli strumenti di capitale proprio.
Rispetto ai più conosciuti prestiti obbligazionari convertibili sono strumenti atipici e flessibili la cui convertibilità in capitale sociale è legata a condizioni contrattuali personalizzabili e non di immediata definizione e che non sottostanno alla stringente disciplina del prestito obbligazionario. Solitamente (e aspetto necessario per la qualificazione che di seguito si dirà), non comportano il rimborso.
Il fatto che siano più flessibili determina un’utilizzazione maggiormente orientata all’attrarre investitori in ipotesi di startup, scale-up o ristrutturazioni aziendali. Possono essere strumenti creati ad-hoc per esigenze specifiche di finanziamento o volte ad una precisa definizione della governance.
Ne consegue quindi una collocazione più vicina a quella degli strumenti di capitale proprio rispetto che a quella di debito.
Perché utilizzarli quindi? Se opportunamente confezionati:
- Non gravano la target di passività e oneri finanziari in una fase in cui il suo business non è ancora consolidato
- Lasciano la gestione ai promotori dell’iniziativa economica differendo l’entrata nella compagine sociale ad un momento successivo
- Permettono il differimento della valutazione della società target ad un momento in cui sia più concretamente attuabile. La determinazione del valore è strumentale all’individuazione del rapporto di conversione e quindi della quota di partecipazione dell’investitore.
Il trattamento fiscale degli strumenti finanziari partecipativi “convertendi”

Con la sintesi n. 1/2023, l’Agenzia delle Entrate, in risposta all’interpello “nuovi investimenti” (prot. n. 956-19/2022), si è pronunciata per la prima volta sugli strumenti finanziari partecipativi “convertendi”.
Per una migliore comprensione del parere fornito dall’amministrazione, è opportuno analizzare le caratteristiche e il regime fiscale applicabile.
In primo luogo, siffatti strumenti riconoscono al sottoscrittore il diritto di convertire un versamento in denaro, non rimborsabile e senza rendimento, in quote partecipative della società Target.
Tipicamente, considerando il differimento dell’ingresso nella compagine sociale, è previsto un incremento dell’apporto iniziale per il tramite di interessi “figurativi” senza essere mai effettivamente dovuti e versati agli investitori.
In secondo luogo, si evidenzia che, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 8 giugno 2011 è prevista una deroga al principio di derivazione rafforzata di cui all’art. 83 T.U.I.R. Ne consegue la non rilevanza della classificazione contabile bilancistica ai fini della determinazione della base imponibile IRES.
È doveroso inoltre considerare che alla luce delle indicazioni della Circolare n. 26/E/2004, gli SFP possono essere fiscalmente assimilabili:
- alle azioni, se la loro remunerazione è interamente correlata ai risultati economici dell’emittente, sia nell’an che nel quantum;
- alle obbligazioni, se prevedono il rimborso integrale del capitale e l’assenza di diritti di partecipazione alla gestione;
- riconducibili alla categoria residuale degli strumenti atipici ai fini fiscali.
È escludibile la similarità ai titoli obbligazionari a causa dell’assenza di un obbligo di rimborso in capo al prenditore. Ne consegue quindi la categorizzazione tra gli strumenti equity ed equity-like. Nonostante ciò, risultava critico il periodo ante conversione in quanto non è assicurata alcuna modalità di remunerazione.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sul tema, concludendo che gli strumenti finanziari partecipativi “convertendi” sono assimilabili alle azioni a norma dell’art. 44, comma 2, lett. a) del TUIR.
Questa qualificazione deriva dall’immediata partecipazione alle perdite, mediante la possibile erosione dell’apporto, e la prospettica partecipazione agli utili. Difatti, la natura stessa del Convertendo ha come esito fisiologico la partecipazione al capitale.
Compreso quanto sopra, l’Amministrazione Finanziaria analizza le conseguenze della qualificazione fiscale dei due soggetti coinvolti (di seguito “Target” e “Sottoscrittore”).
Rilevanza fiscale per chi ottiene il finanziamento – la target
La stipula di uno strumento finanziario partecipativo “Convertendo” è da considerarsi neutrale ai fini della fiscalità diretta per la Target, in quanto l’operazione si sostanzia in un apporto di mezzi propri (art. 88, comma 4, TUIR) – come emerge anche dalle rilevazioni contabili, rispettivamente sotto forma di riserva “targata” e di imputazione a capitale sociale e a sovrapprezzo -, anche nel caso di mancata conversione.
Gli interessi figurativi riconosciuti non essendo mai dovuti né registrati, poiché rappresentanti unicamente un criterio finanziario privo di rilevanza ai fini reddituali, sono neutrali sotto il profilo fiscale per la Target e per il titolare dei Convertendi.
Imposizione fiscale in capo all’investitore – il sottoscrittore
Di pari passo, per il Sottoscrittore l’apporto è fiscalmente privo di rilevanza reddituale ai fini IRES e IRAP. Al verificarsi della conversione il Sottoscrittore riceve in assegnazione un numero di azioni più che proporzionale rispetto a quanto versato.
La mancata produzione di riflessi reddituali è dovuta al fatto che l’iscrizione delle quote avviene in continuità di valori e quindi al costo di iscrizione iniziale dell’immobilizzazione finanziaria.
L’assimilazione degli strumenti finanziari partecipativi “convertendi” in esame alle azioni, d’altro canto, comporta l’irrilevanza delle svalutazioni operate ai sensi dell’art. 110, comma 1, lett. d) del TUIR e analogamente delle rivalutazioni sugli stessi. Inoltre, in caso di mancata conversione e in ipotesi di applicazione del regime della participation exemption ai sensi dell’art. 87 T.U.I.R., le minusvalenze ai fini IRES risulteranno indeducibili ai sensi dell’art. 101 del TUIR a seguito di cancellazione dello strumento dal bilancio.
A conversione avvenuta invece, nel caso di cessione delle partecipazioni, il requisito del minimum holding period previsto dal regime della participation exemption decorrerà dalla sottoscrizione del Convertendo.
L’orientamento proposto dall’amministrazione finanziaria conferma quindi la neutralità fiscale della conversione e l’unitarietà sostanziale del periodo di possesso.
SFP e altri contratti di investimento
In ultima istanza, si rammenta che l’Agenzia ha previsto che tale prassi trova riconoscimento sia nel caso di SFP ai sensi dell’art. 2346, comma 6, c.c. che di un generico contratto di investimento con diritti analoghi all’investitore.
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