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Regime Impatriati: È valido anche senza iscrizione AIRE?

In questo articolo, dopo un breve cenno alle caratteristiche e ai requisiti del regime dei lavoratori impatriati, anche conosciuto come “agevolazione per il rientro dei cervelli“, analizzo le ipotesi che ci permettono di applicare questo beneficio, anche in assenza di iscrizione AIRE.

Concludo infine con un esempio pratico per calcolare il risparmio fiscale.

Il nuovo regime impatriati (D.lgs. 209/2023), anche alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in merito al previgente regime, ha finalmente chiarito come sia possibile applicare questo beneficio anche a chi non sia iscritto nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.

Dirimo quindi ogni ulteriore dubbio che vedo circolare in rete: è possibile beneficare di questo regime anche per chi non risulta iscritto AIRE.

Come sempre però è necessario rispettare determinate condizioni.

Il regime degli impatriati anche conosciuto come “regime per il rientro dei cervelli” è stato introdotto dall’art. 16 del D.lgs. 147/2015 e successivamente modificato dal D.lgs. 209/2023.

Prevede un regime di tassazione agevolato e temporaneo per i lavoratori che trasferiscono la propria residenza in Italia.

Il regime è applicabile anche per il periodo d’imposta 2024 e prevede, a differenza dei precedenti anni, una non imponibilità compresa tra il 50 e il 60% dei redditi di lavoro autonomo e dipendente per i lavoratori che mantengono la propria residenza in Italia per i successivi 4 anni.

Non si tratta più di un “maxi-sconto” pari al 90%, beneficio ottenibile fino al 31 dicembre 2023. Nonostante ciò, rappresenta un regime estremamente vantaggioso se comparato a quello ordinario.

Cosa succede però se nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento hai dimenticato di iscriverti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero – AIRE?

I requisiti e i benefici del nuovo regime impatriati

Prima di addentrarci nella possibile applicazione del regime impatriati per i lavoratori non iscritti AIRE è doveroso analizzare i requisiti e i benefici che il nuovo regime comporta.

Come abbiamo brevemente visto in precedenza, l’art. 5 del D.lgs. 209/2023 offre un regime agevolato a favore dei lavoratori che producono:

  • redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendenti o redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni;
  • in Italia;
  • da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 del TUIR;
  • entro il limite annuo di Euro 600.000.

Questi redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, nel periodo d’imposta di trasferimento e nei 4 successivi, nel caso in cui:

  • il lavoratore si impegni a risiedere fiscalmente in Italia per almeno 4 anni (Art. 5, comma 3 del D.lgs. 209/2023) pena decadenza e recupero dei benefici già fruiti, a cui si aggiungono interessi;
  • il lavoratore non sia stato fiscalmente residente in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il trasferimento. Il periodo di residenza estero è esteso a sei o sette periodi di imposta nel caso in cui ci siano collegamenti con il datore di lavoro estero o un soggetto dello stesso gruppo.
  • l’attività lavorativa sia prestata per la maggior parte del periodo d’imposta in Italia;
  • il lavoratore integri i requisiti di elevata specializzazione e qualificazione (Riferimenti normativi: D.lgs. 108/2012,  D.lgs. 206/2007 e Circolare dell’Agenzia delle Entrate 17/E/2017) come il conseguimento di un titolo di laurea triennale e della relativa qualifica professionale (livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011) riconosciuto in Italia.

È possibile ottenere un ulteriore abbattimento del 10% della base imponibile (quindi una non imponibilità del 60%) nel caso in cui sia coinvolto almeno un figlio minore.

Nel regime del rientro dei cervelli, sotto il profilo dei contributi previdenziali sembrerebbe integrarsi un doppio binario.

Per i lavoratori autonomi, con circolare n. 52 del 7 giugno 2023, l’INPS ha chiarito come la base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali sia la medesima delle imposte sui redditi.

È quindi possibile versare meno contributi previdenziali nel caso in cui si fruisca del regime, sia in ipotesi di iscrizione alla gestione separata INPS che a casse di previdenza di ordini professionali.

Nel caso di lavoratori dipendenti invece l’INPS non ha chiarito la propria posizione.

Questo comporta quindi, in ottica prudenziale, l’applicazione del solo beneficio alle imposte sui redditi. I contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti impatriati si calcoleranno in via ordinaria.


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La mancata iscrizione AIRE preclude l’accesso al beneficio?

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Essersi trasferiti all’estero ma aver dimenticato, volontariamente o meno, di iscriversi all’anagrafe dei residenti all’estero, non implica di per sé un’impossibilità ad accedere al regime dei lavoratori impatriati.

La mancata iscrizione all’AIRE, quindi, non preclude l’accesso al beneficio legato al “rientro dei cervelli“.  

Il comma 6 dell’art. 5 del D.lgs. 209/2023 fortunatamente precisa che ai fini dell’integrazione del requisito della residenza, i cittadini italiani si considerano residenti all’estero se, alternativamente:

  • sono stati iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’estero (AIRE);
  • hanno avuto la residenza in un altro stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Non è un aspetto scontato.

In mancanza di questo comma, la previgente formulazione dell’art. 2 del TUIR (applicabile sino al 31 dicembre 2023) comportava l’attribuzione della residenza in Italia a chi era iscritto all’anagrafe della popolazione residente (quindi non iscritto AIRE) o aveva in Italia il domicilio (sede principale degli affari e interessi) o la residenza (dimora abituale) ai sensi dell’art. 43 del Codice civile.

È sufficiente l’integrazione di un solo requisito per essere considerati residenti, essendo conseguentemente esclusi dal beneficio che incentiva il rientro dei cervelli.

E’ qundi necessario focalizzarsi sul concetto di residenza, anche ai fini convenzionali come abbiamo visto. La cittadinanza, o un eventuale doppia cittadinanza, rileva invece solamente sotto il profilo migratorio.

Iscrizione all’anagrafe degli Italiani residenti all’estero

Ritorniamo alle alternative offerte dal comma 6 dell’art. 5 del D.lgs. 209/2023.

È possibile applicare il regime del rientro dei cervelli nel caso in cui il lavoratore sia iscritto AIRE.

Consiglio a tal fine la predisposizione di un apposito fascicolo che permetta di provare il periodo di residenza estera includendo non solo la domanda di iscrizione ma anche eventuali contratti di affitto, utenze ed ulteriori documenti dimostranti la propria residenza estera.

Le convenzioni contro le doppie imposizioni

In alternativa, è possibile dimostrare come il lavoratore sia stato residente in uno Stato estero ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Le convenzioni contro le doppie imposizioni sono trattati che l’Italia ha stipulato con numerosi paesi esteri. Permettono di determinare, in particolare nei casi di conflitto, la residenza delle persone fisiche.

L’Italia ha stipulato circa un centinaio di trattati, è quindi necessario innanzitutto verificare l’esistenza di una convenzione tra lo Stato estero e l’Italia e, una volta individuata, analizzare i criteri di attribuzione della residenza dettati dalla specifica convenzione.

Fortunatamente le convenzioni sono elaborate sulla scorta del Modello OCSE che costituisce uno standard da cui partire.

Puoi trovare qui le convenzioni attualmente siglate dall’Italia: Convenzioni Contro le Doppie Imposizioni.

Qui invece il modello di convenzione predisposto dall’OCSE: Modello OCSE.

Il Modello OCSE è in lingua inglese. Prendo come esempio, per semplicità, la Convenzione Italia-Francia.

L’art. 4 definisce come residente in uno Stato quel soggetto che in virtù della legislazione di detto Stato è assoggettato ad imposta nello stesso Stato in ragione del suo domicilio, della sua residenza o di altro criterio analogo.

Un’indicazione ricorsiva che ci rimanda all’art. 2 del TUIR che avevamo visto precedentemente.

In ipotesi di conflitto di residenza la convenzione applica le cosiddette “tie breaker rules”.

Sono dei criteri discendenti ed alternativi che individuano come residente quel soggetto che:

  • ha un’abitazione permanente nello stato di residenza
  • ha il centro degli interessi vitali (relazioni personali ed economiche più strette)
  • integra un soggiorno abituale nello stato di residenza
  • è cittadino dello stato di residenza
  • è determinato come residente in comune accordo dalle autorità degli stati oggetto di analisi.

Nel caso di incertezza nella determinazione della residenza è quindi necessario fare riferimento a questi criteri.

Come anticipavo sono dei criteri alternativi.

A titolo esemplificativo, solo nel caso in cui si abbia a disposizione un’abitazione permanente in entrambi gli stati, si andrà ad indagare la localizzazione del proprio centro degli interessi vitali.

A maggior ragione, costituendo questi degli indicatori passibili di interpretazione, è necessario predisporre un fascicolo probatorio che attesti l’integrazione del requisito legato alla residenza (3 esercizi di imposta precedenti al rimpatrio) per usufruire di questo regime di favore.


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Un esempio di calcolo del beneficio

Il regime impatriati attribuisce un beneficio in capo al lavoratore dipendente o autonomo.

Il reddito in applicazione del beneficio per il rientro dei cervelli è ridotto nella misura del 50%, o del 60% in ipotesi di figli minori, per un periodo di 5 anni (4 esercizi di imposta successivi a quello di trasferimento).

Procediamo con un esempio di calcolo per il beneficio del rientro dei cervelli.

Ipotizziamo quindi lo scenario di un lavoratore dipendente, senza figli a carico e residente in Lombardia. L’analisi prevede l’individuazione di tre fasce di reddito: Euro 30.000, Euro 40.000 e Euro 100.000. Come si può ben immaginare il beneficio tende ad essere sempre più marcato all’aumentare della fascia di reddito, questo in ragione della progressività dell’imposta.

Per semplicità ho utilizzato un calcolatore automatico per determinare l’imposizione IRPEF, le detrazioni per redditi da lavoro dipendente ed i contributi INPS.

È sempre da ricordare come l’imposizione effettiva dipenda da numerose variabili come le spese mediche, i figli a carico, … Da qui l’utilizzo di un calcolatore automatico.

La tabella seguente è quindi da utilizzare come un indicatore per una generale analisi di convenienza del regime impatriati.

Analisi Regime lavoratori Impatriati Scenari

La non imponibilità risultante dal regime impatriati è applicabile, per i lavoratori dipendenti, alle sole imposte sui redditi.

I contributi INPS, a differenza di quanto accade invece per i lavoratori autonomi, dovranno essere infatti corrisposti in misura piena. La non imponibilità nella misura del 50% comporta quindi un beneficio annuo compreso tra gli Euro 3.200 e gli Euro 21.500.

Questo si traduce in un complessivo risparmio di imposta, considerando un orizzonte temporale pari a 5 anni, compreso tra gli Euro 16.400 e gli Euro 107.000.

Nonostante la riduzione dell’aliquota di non imponibilità, dal 70% (o 90% in specifici casi) fino al 2023, all’attuale 50% (o 60% in specifici casi), il regime dei lavoratori impatriati resta certamente di forte interesse, in particolare per quei lavoratori che hanno redditi da lavoro di un certo ammontare.


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Commenti

2 risposte a “Regime Impatriati: È valido anche senza iscrizione AIRE?”

  1. Avatar Gaetano Lentini
    Gaetano Lentini

    Salve, dovendo fare la dichiarazione dei redditi per l’anno fiscale 2023, queste nuove intepretazioni del concetto di residenza fiscale per l’accesso al regime agevolato dei rimpatriati sono applicabili anche per l’annualità in questione o valgono solo a partire dall’anno fiscale 2024?

    1. Buongiorno Gaetano, questo articolo fa riferimento ai trasferimenti di residenza effettuati a partire da Gennaio 2024 come previsto dall’art. 5 del D.lgs. 209/2023 che ha riformato il previgente D.lgs. n. 147/2015, art. 16. Per i trasferimenti precedenti, salvo periodo transitorio, si applica il previgente D.lgs. n. 147/2015, art. 16 che al comma 5-ter riporta: “i cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al comma 1, lettera a) […]“.
      Era già quindi già prevista la possibilità di aderire al regime anche in mancanza di iscrizione AIRE, in ipotesi di integrazione dei requisiti previsti dalla convenzione (se presente).

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