Nella gestione del proprio portafoglio di investimenti sarà capitato anche a te almeno una volta di dover gestire una minusvalenza.
Minusvalenza è sinonimo di perdita: quando vendi un titolo che ha un valore inferiore rispetto a quello di acquisto generi una minusvalenza. Una minusvalenza però ti attribuisce un beneficio fiscale.
E’ importante imparare a gestirle e a non farcele sfuggire. Come vedremo in questo articolo, se le minusvalenze non vengono compensate o recuperate entro i 4 anni successivi, queste non risultano più rilevanti ai fini fiscali.
Per non rilevanti intendo dire che le minusvalenze non potranno essere più recuperate e quindi compensate con le plusvalenze.
Dobbiamo inoltre ricordare che le plusvalenze (i guadagni) non sono tutte uguali.
Sembrerebbe naturale sostenere la piena compensabilità tra tutte le plusvalenze (i guadagni) e le minusvalenze (le perdite) in modo da pagare le tasse solo sull’importo netto derivante dalla gestione finanziaria.
Non è cosi.
La plusvalenza deve essere qualificante, ovvero essere prodotta da determinati strumenti finanziari successivamente (o nel medesimo anno a seconda dei casi) alla generazione della minusvalenza ed entro il termine dei 5 anni. Di converso la minusvalenza è persa.
Dopo questa premessa, analizziamo insieme passo dopo passo gli aspetti più importanti.
Cosa sono le minusvalenze e cosa significa avere minusvalenze?

Come sempre è doveroso cominciare dalle basi. Come si calcolano le minusvalenze?
Una minusvalenza finanziaria è data dalla differenza tra il prezzo di vendita e il valore di carico di un determinato strumento finanziario.
Semplifichiamo con un esempio di minusvalenza.
Compriamo 100 azioni Apple nel 2020 a 10.000 euro. Queste azioni Apple due anni dopo valgono 5.000 perché il valore delle singole azioni è calato. Il prezzo di carico corrisponde al mio prezzo di acquisto, in questo caso 10.000 euro.
Decido di vendere il mio pacchetto azionario a 5.000 euro. Genero una minusvalenza (una perdita) pari a 5.000 euro.
Il funzionamento è simile al calcolo delle minusvalenze nel calcio: il differenziale tra il valore di cessione del calciatore con quello che avevo indicato nella contabilità della società.
Ci troveremmo nello scenario opposto (esempio di plusvalenza) se avessimo venduto le azioni a 15.000 euro, generando quindi una plusvalenza di 5.000 euro.
Se vendo azioni in guadagno, quindi generando una plusvalenza, andrò a pagare le relative tasse (imposta sostitutiva pari al 26% della plusvalenza).
Cosa succede se vendo azioni in perdita? In questo caso genero una minusvalenza.
Questa minusvalenza in caso di intermediario residente che applica il regime del risparmio amministrato (la quasi totalità delle banche italiane), confluirà nello zainetto fiscale.
Come si calcola lo zainetto fiscale? Lo zainetto fiscale è un contenitore che indica tutte le minusvalenze che l’investitore ha accumulato con indicazione degli anni di formazione e quindi di scadenza.
Potrai quindi vedere le tue minusvalenze tramite lo zainetto fiscale, disponibile nell’apposita sezione del sito della tua banca.
Sotto un punto di vista meramente fiscale, fare minusvalenze conviene quando ti aspetti di generare nel breve termine una plusvalenza qualificante in modo da neutralizzarla compensando la minusvalenza e non pagando quindi nuove imposte.
Nella prossima sezione andremmo ad analizzare il recupero delle minusvalenze.
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Non riceviamo nessuna commissione, provvigione o incentivo per gli investimenti che ti andremo a consigliare. In altre parole, facciamo solo il tuo interesse.
Come si recuperano le minusvalenze?

Cosa fare se si hanno minusvalenze?
E’ necessario compensarle con delle plusvalenze qualificanti.
Nota a margine: se il tuo intermediario applica il regime amministrato (come regola di massima considerate l’applicazione se la vostra banca è italiana, la non applicazione se è estera), per effetto del meccanismo fiscale sarà possibile compensare le plusvalenze solo nel caso in cui ci sia una minusvalenza pregressa. E’ quindi necessario prima generare una minusvalenza, e poi produrre una plusvalenza qualificante.
Nel regime dichiarativo (per intermediari esteri), dovendo fare dichiarazione dei redditi e non essendoci lo zainetto fiscale, è indifferente l’ordine in cui realizzo la plusvalenza e la minusvalenza.
Ora procediamo con un esempio di compensazione tra minusvalenze e plusvalenze.
Ipotizziamo che abbiamo generato perdite da ETF o fondi comuni due anni fa per 1.000 euro. Abbiamo deciso di comprare delle azioni che ora valgono 2.000 euro in più rispetto all’acquisto. Se ora procedo con la vendita, non pagherò alcuna imposta per i primi 1.000 euro, in quanto compensabili con le minusvalenze che avevo accumulato. Azzerate le minusvalenze compensabili, sarò tenuto al pagamento delle plusvalenze sulla porzione restante (1.000 euro).
Cosa è una plusvalenza qualificante?
Per semplicità trovi di seguito una tabella che indica quali plusvalenze sono compensabili con le minusvalenze generate dai vari strumenti.
Le plusvalenze sono indicate nelle righe, le minusvalenze nelle colonne. Facciamo un esempio: una plusvalenza di azioni o obbligazioni è compensabile con una minusvalenza di fondi o ETF. Una plusvalenza di ETF non è invece mai compensabile, quindi qualificante.
Plusvalenze/Minusvalenze | Azioni e obbligazioni | Fondi e ETF | Certificati | ETC/ETN |
Azioni e obbligazioni | Si | Si | Si | Si |
Obbligazioni ZCB | In parte | In parte | In parte | In parte |
Fondi e ETF | No | No | No | No |
Certificati | Si | Si | Si | Si |
ETC/ETN | Si | Si | Si | Si |
E’ una tabella che sembra non finire. Cosa ci sta dietro?
L’impossibilità di compensare alcune plusvalenze con delle minusvalenze discende dalla distinzione tra la classificazione fiscale di reddito di capitale e reddito diverso.
I redditi di capitale sono sempre positivi, mentre i redditi diversi sono sempre negativi.
Quali minusvalenze si possono recuperare?
Solo le minusvalenze (che necessariamente appartengono alla categoria dei redditi diversi) non ancora scadute sono compensabili con quelle plusvalenze qualificanti (plusvalenze che appartengono anch’esse alla categoria dei redditi diversi).
Esemplifico quali redditi finanziari rientrano nei redditi di capitali, quindi quei redditi che non sono compensabili con minusvalene:
- plusvalenze derivanti dalla vendita di ETF o quote di fondi comuni di investimento;
- dividendi da azioni;
- interessi da obbligazioni o titoli di stato.
Tra i redditi diversi invece troviamo (titoli e strumenti che compensano le minusvalenze):
- plusvalenze di azioni e plusvalenze di obbligazioni (entro certi limiti)
- redditi generati da certificati (senza limiti)
- plusvalenze di ETC e ETN (come spesso viene impropriamente definito: “l’ETF sull’oro” rientra in questa categoria)
Quali obbligazioni posso impiegare per recuperare minusvalenze?
Nella tabella di compensazione delle plusvalenze e minsuvalenze ho indicato che non è sempre possibile compensare le obbligazioni zero coupon bond (ZCB).
Non è quindi possibile impiegare tutte le obbligazioni per compensare le minusvalenze.
Le obbligazioni zero coupon bond sono delle obbligazioni che non prevedono alcun pagamento di cedola o interesse. Vengono vendute sotto la pari e rimborsano a 100. Le si acquistano quindi ad un prezzo pari a 80, sono rimborsate a 100 e il guadagno è dato dalla differenza tra il valore di rimborso e il prezzo di acquisto (20).
In particolare, l’Agenzia delle Entrate ci richiede di distinguere quella componente in conto interessi (il reddito di capitale – quindi non compensabile) e quella legata alle fluttuazioni del prezzo del titolo (il reddito diverso).
I BTP che presentano una più elevata scadenza (duration), sono più indicati nella compensazione delle minusvalenze. Questo perchè la variazione nel livello dei tassi di interesse ha un impatto maggiore sul prezzo dell’obbligazione o del BTP nel caso di specie quando la scadenza è distante nel tempo.
Attenzione però a non generare ulteriori minusvalenze!
Certificates per recupero minusvalenze
Abbiamo detto che i certificati, rientrando nella categoria dei derivati, generano sempre redditi diversi. Le plusvalenze quindi prodotte dai certificates sono sempre compensabili con le minusvalenze che abbiamo in portafoglio.
Forte di questa certezza, il settore bancario ha creato dei certificati che hanno il solo fine di recuperare le minusvalenze.
Cosa hanno inventanto?
I certificati maxicedola: sono strumenti che distribuiscono un grosso coupon iniziale che produce immediatamente un reddito diverso. I flussi successivi dipendono poi dalle condizioni dello strumento.
A tal proposito bisogna valutare attentamente le condizioni dello strumento al di la del coupon iniziale.
Possono essere una soluzione “last-minute“ per recuperare le minusvalenze che sono ormai prossime alla scadenza. Rappresentano dei prodotti estremamente complessi per l’investitore e con dei costi di gestione elevati e molto spesso poco competitivi.
Cosa succede se non si recuperano le minusvalenze?

Il mancato recupero delle minusvalenze determina la loro perdita definitiva ai fini fiscali decorso il termine.
Quanto durano le minus? Le minusvalenze finanziarie in Italia hanno una durata di quattro anni solari successivi a quello in cui sono state realizzate.
Facciamo un esempio. Se realizzi una minusvalenza nel 2024, potrai utilizzarla per compensare future plusvalenze fino al 31 dicembre 2028. Per le plusvalenze prodotte dal 1 gennaio 2029, non sarà più possibile compensare. La minusvalenza quindi viene definitivamente persa.
Quando scadono le minusvalenze? Le minusvalenze quindi scadono in 5 anni: più precisamente possono essere utilizzate in compensazione fino al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di generazione della minusvalenza
Parlane con un esperto!
Siamo Dottori Commercialisti e Consulenti Finanziari Indipendenti: dal 1994 assistiamo famiglie e imprenditori nella protezione e nella crescita del loro patrimonio.
Non riceviamo nessuna commissione, provvigione o incentivo per gli investimenti che ti andremo a consigliare. In altre parole, facciamo solo il tuo interesse.
A cosa serve la certificazione delle minusvalenze?
Quando si cambia intermediario finanziario, per esempio decidento di spostarsi dalla Banca X alla Banca Y, è consigliato richiedere al precedente istituto una dichiarazione.
Questa dichiarazione è chiamata certificazione delle minusvalenze (art. 6 comma 5 D.Lgs. 461/97).
Il documento serve a dimostrare e conservare il diritto a compensare le perdite (le minusvalenze) generate in passato con le future plusvalenze.
Se il nuovo istituto applicherà il regime amministrato, questa certificazione consentirà di alimentare lo zainetto fiscale.
La certificazione delle minusvalenze non è fornita solo quando ci si trasferisce da un istituto ad un altro.
In regime amministrato sono due i casi in cui questa può essere fornita:
- trasformazione del conto in regime dichiarativo dal regime amministrato
- chiusura del conto in regime amministrato
In ipotesi di trasformazione del conto in regime ddiciarativo, questa avrà validità solo a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo. Con la chiusura del conto invece la certificazione potrà essere immediatamente spesa.
Le minusvalenze in dichiarazione dei redditi: dove si mettono nel 730?

Se il tuo istituto non applica il regime amministrato e/o hai optato per il regime dichiarativo, sarà necessario indicare nel 730 (dichiarazione dei redditi) i redditi prodotti dai tuoi investimenti.
Quali investimenti vanno dichiarati nel 730? Sicuramente dovranno essere dichiarati i redditi prodotti dagli investimenti (le plusvalenze, le minusvalenze, i dividendi, gli interessi, …).
Nel caso in cui gli investimenti siano all’estero, è inoltre necessario procedere con la compilazione del Quadro RW della dichiarazione ai fini del monitoraggio fiscale e del pagamento dell’imposta di bollo (IVAFE).
Le minusvalenze, rientrando nella categoria dei redditi (diversi), dovranno quindi essere sempre dichiarate nel caso in cui si applichi il regime dichiarativo.
Dove vanno messe le minusvalenze? E’ necessario indicare le minusvalene prodotte nel Quadro RT del modello redditi persone fisiche (il 730).
Potranno essere così compensate con eventuali plusvalenze realizzate nei quattro anni successivi.
Conclusioni
Gestire le minusvalenze efficacemente è fondamentale per ottimizzazione il proprio portafoglio di invesimenti. Compensarle con plusvalenze qualificanti consente infatti di ridurre l’imposizione fiscale e pagare le tasse solo sui guadagni netti.
La distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi, nonchè le peculiarità del regime amministrato rispetto a quello dichiarativo, talvolta non ci consentono la compensazione delle minusvalenze accumulate.
Ciò detto, è importante ricordare che seppur importanti, i benefici fiscali legati alle minusvalenze non devono essere l’unica ragione che guida le nostre decisioni di investimento.
La gestione del proprio portafoglio finanziario deve basarsi su una strategia solida orientata da una corretta pianificazione finanziaria che passa per l’individuazione dei propri obiettivi di investimento.
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